Che cos’è la buona cura
Sandro Spinsanti è capace di stupirci di nuovo: scrive un libro sulle cure palliative che sembra un libro sulla fine della vita e invece parla di vivere in modo diverso. Sembra un libro sulle cure palliative e invece è centrato sul sapere curare, sempre, in ogni condizione, in ogni tempo della vita.
Il libro tenta di schematizzare un approccio formativo completamente diverso da quello che viene fornito attraverso l’Università agli studenti di Medicina e quindi ai futuri medici e, per fare questo, deve rivedere il significato delle parole: per esempio la parola “palliativo” nasce da una traduzione, che lui ritiene sbagliata, di una accezione particolare della medicina. Parte dal sospetto che la nostra medicina non stia facendo il meglio nell’accompagnamento all’ultimo miglio del percorso vitale e più volte nel libro viene affermato con decisione che nominare la palliazione equivale a evocare il fantasma della morte, un’evenienza dalla quale sempre più si rifugge; ritiene invece che la sostituzione del termine palliativo con sinonimi probabilmente può ricondurre il significato all’equivalente metaforico del gesto di San Martino che condivide il mantello con un povero. Spesso la violenza delle parole, comprese le parole non dette, rappresenta il profumo della violenza dei comportamenti, mascherata sotto il cappello della buona conoscenza di chi identifica la cura con “è stato fatto tutto il possibile”