Parole fertili: il viaggio alla ricerca di un figlio
Nel percorso alla ricerca di un figlio, le caring narratives digitali possono diventare un aiuto fondamentale per riappropriarsi del “come si ottiene”
Articolo di Cristina Cenci su Nòva
E’ online ParoleFertili.it, una piattaforma narrativa per condividere il viaggio alla ricerca di un figlio, ideata dal Center for Digital Health Humanities con il contributo educazionale e appassionato di IbsaPMA, in partnership con progestazione.it, un nuovo magazine online dedicato alla fertilità e alla PMA.
La difficoltà o l’impossibilità a generare è un’area di grande tabù. A differenza di altre patologie, non ha una definizione primariamente e prevalentemente biomedica. Si diventa ‘pazienti’ solo nel momento in cui si desidera un figlio. Senza il desiderio, si resta fertili, anche se medicalmente sterili. E’ il desiderio, il bisogno identitario di ruolo materno e paterno che segna la separazione tra normale e patologico.
Questo desiderio nella contemporaneità si carica sempre più di colpa, crea ambivalenze e percorsi difficili. L’infertilità si associa spesso infatti alla ritardata maternità/paternità, allo scarto tra i tempi biologici e i tempi sociali e identitari. Il tempo dell’adulto e il tempo del genitore non coincidono, sono sempre più lontani. La ricerca di un lavoro stabile, di un compagno, di una città fissa, di una casa….. I ‘prima’ di un figlio sono sempre di più e il“fuori tempo massimo” trasforma il desiderio in colpa, come racconta Nina, in una delle storie pubblicate su ParoleFertili.
“Ho superato da qualche anno i 40, sono una donna appagata sul lavoro, guadagno discretamente bene, la mia vita mi piace così com’è. Allora perché ora, solo ora, ho sentito il desiderio di avere un figlio? Sorridevo quando sentivo parlare dell’orologio biologico, neanche li guardavo, io, i bambini. E adesso, invece, ci ero caduta in pieno”.
Per tutto questo, sia per la donna che per l’uomo è difficile parlare delle proprie difficoltà, del percorso di procreazione medicalmente assistita, delle emozioni, delle paure. Nascondere il desiderio di un figlio nelle reti sociali, amicali e affettive aiuta a non autorappresentarsi come sterili, malati, inferiori, colpevoli. Anche una volta raggiunta la gravidanza e il figlio con la PMA, la tendenza è negare/tacere l’origine del concepimento, percepita come artificiale. Un carico quindi di paure, bisogni informativi e di confronto, emozioni, ambivalenze che grava tutto all’interno della coppia. continua a leggere