Narrazione autobiografica e scrittura d’esperienza: le storie che non sono ‘chiacchiere da salotto’
Nel lavoro di cura rivolto a persone e famiglie interessate da malattie gravi, stati cronici di disagio o disabilità, accade frequentemente di trovarsi di fronte alla produzione spontanea e abbondante di narrazioni riguardanti la vita dell’individuo, o dei famigliari che lo assistono.
Le persone malate o interessate da menomazioni parlano di sé, appena possono, delle loro sofferenze come degli aspetti gradevoli della loro vita, e molto dei desideri e dei sogni che ne alimentano l’esistenza.
La produzione di diari e di autobiografie, non necessariamente artistiche, è abbondante in queste tipologie di individui, e ciò non è casuale. Come ha rilevato J. Bruner il meccanismo generativo della narrazione “è la difficoltà, un ostacolo, un problema percepito… un pericolo.” Le difficoltà possono attrarre la nostra attenzione e ci stimolano a “estendere ed elaborare il nostro concetto del Sé. E’ affrontando problemi e difficoltà, reali o immaginati, che modelliamo un Sé che si estende oltre il qui e ora degli incontri immediati, un Sé capace di contenere sia la cultura che dà forma a quegli incontri, sia le nostre memorie di come abbiamo fatto fronte a essi in passato” (Bruner J., 1997).
L’analisi di Bruner ci consente di comprendere la ragione della grande diffusione in età adolescenziale della diaristica spontanea (ora allargata anche ai social media): sono le naturali difficoltà di crescita e di adattamento del giovane, posto di fronte al nuovo e mutato rapporto col mondo, a fornire la spinta ad annotare e analizzare gli avvenimenti quotidiani, alla ricerca di un senso per le cose e soprattutto per l’adolescente stesso. In modo analogo possiamo comprendere l’esigenza che spinge la persona sofferente a raccontarsi, interrogandosi e implicando l’altro nelle proprie vicende. Come nel caso della grave malattia, la disabilità è una condizione che disequilibra (e repentinamente, nel caso di eventi traumatici) la relazione della persona con gli altri. La menomazione comporta una perdita di status prima ancora che di abilità funzionali.
La narrazione, in forma orale o scritta, può offrire uno strumento prezioso per individuare i significati dell’esperienza della disabilità e aiutare la persona a riconoscere la propria identità, in modo da facilitare a tenerne conto anche coloro che le vivono accanto. continua a leggere
Articolo di Roberto Cerabolini