La Medicina Narrativa Digitale nel trattamento del diabete e dell’obesità
Intervista a Eva Mirri, Dipartimento di Diabetologia dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria, Terni
Lo scorso 16 marzo Maurizio Dal Maso, Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni, ha aperto il convegno su Medicina Narrativa (NBM) e tecnologie digitali, introducendo il tema della Narrative Based Medicine associata alle nuove tecnologie digitali. In questa occasione Giuseppe Fatati, Direttore S.C. Diabetologia e Nutrizione Clinica dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni, ha presentato i risultati del progetto di diabetologia-dietologia “Il paziente al centro del percorso”, che prevede l’utilizzo da parte di pazienti, diabetici od obesi, della piattaforma DNM, un diario digitale per l’applicazione della Medicina Narrativa nella pratica clinica. Il progetto ha finora coinvolto 28 pazienti, nello specifico 18 diabetici di tipo 1 e 10 obesi.
Eva Mirri, Medico Specialista del Dipartimento di Diabetologia dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni e membro del team che ha curato il progetto, ci parla delle applicazioni della Medicina Narrativa Digitale nel trattamento di diabete e obesità:
La Medicina Narrativa è una metodologia che si sta diffondendo sempre più in ambito sanitario. Voi medici coinvolti ne eravate già a conoscenza?
Personalmente io non ne ero ancora a conoscenza, l’ho scoperta dopo la fase di selezione dei pazienti. La conoscenza effettiva della metodologia si è sviluppata portando avanti il progetto. Ho sempre considerato la qualità della relazione e della comunicazione con il paziente un elemento fondamentale della cura, ma non avevo mai applicato prima una metodologia specifica.
In quale ambito avete applicato la Medicina Narrativa? E qual è stata l’adesione dei pazienti?
Abbiamo selezionato pazienti diabetici di tipo 1, che già conoscevamo bene, e i pazienti obesi che accedevano per la prima volta al nostro servizio. Per entrambe le tipologie si trattava di pazienti relativamente giovani. I pazienti obesi e più giovani, che ancora non conoscevano bene il nostro team, hanno aderito per un buon 80%. Per quanto riguarda i diabetici di tipo 1, solo una percentuale del 20-30% non ha aderito o non ha portato a termine il percorso previsto.
Qual è stato secondo lei il valore aggiunto che la piattaforma DNM ha fatto emergere nell’ambito del vostro rapporto con i pazienti?
Una conoscenza più intima della storia del paziente, che ha modificato il nostro approccio nei confronti del malato. Il diabete di tipo 1 è una patologia cronica, perciò conosciamo i nostri pazienti da diversi anni e siamo abituati a vederli in maniera periodica; pensavamo di conoscerli in modo approfondito, ma ci siamo resi conto che non era così. Fermo restando che non è possibile modificare l’approccio terapeutico, che per il diabete di tipo 1 rimane la terapia insulinica iniettiva, le informazioni che il paziente ci ha fornito attraverso la piattaforma ci sono state utili per modificare l’approccio verso il malato, e ci ha aperto gli occhi su quello che è il loro vissuto, permettendoci di toccare con mano quanto l’esperienza di un individuo influisca nell’ambito di una patologia cronica come questa.
In che misura la Medicina Narrativa ha migliorato la personalizzazione del percorso?
La Medicina Narrativa ha migliorato sicuramente la personalizzazione del percorso; l’esperienza dei singoli pazienti ci ha arricchito, perché a partire dal loro vissuto è stato possibile capire come personalizzare il percorso andando incontro alle singole esigenze, che potevano essere relative ad orari (di lavoro, scuola o tempo libero), scelte alimentari differenti per esigenze di patologia (pazienti diabetici celiaci o intolleranti), esigenze legate alla religione, alla cultura, ad una gravidanza… Abbiamo anche personalizzato i device di somministrazione insulinica (penne o microinfusore).
Sono emerse parole ricorrenti nelle narrazioni? Ci sono aspetti che pensavate di trovare nelle narrazioni ma che non sono emersi?
Parlando dei diabetici di tipo 1, sono emerse parole che non avevano nulla a che fare con quella che è la gestione della malattia in termini di terapia insulinica. Pensavamo che le parole più presenti nei loro racconti potessero essere “siringa”, “insulina”, “stick”, “glicemia”… Ma, contrariamente alle nostre aspettative, le parole ricorrenti riguardavano il vissuto dei pazienti, la loro vita, il tempo, la famiglia, gli amici; queste sono state ripetute con molta più frequenza rispetto a parole legate ad un ambito strettamente medico. Da quanto emerso, noi medici ci siamo resi conto che è possibile approcciarci in modo differente anche verso altri pazienti, come ad esempio i diabetici di tipo 2. Infatti, può capitare che il curante abbia il timore di presentare al paziente una nuova terapia, solo perché di tipo iniettivo. Perciò è importante per noi comprendere che i pazienti danno importanza in particolare ad altri aspetti della loro vita quotidiana e che le loro preoccupazioni riguardano solo in minima parte la gestione della malattia e la tipologia delle cure. Vogliono condividere con noi non solo gli aspetti strettamente clinici ma anche le strategie per migliorare la loro vita quotidiana. Si parla spesso di inerzia terapeutica ma dobbiamo capire e comprendere che spesso il paziente non si spaventa di cambiare terapia o modalità di somministrazione se serve a migliorare la sua vita e su questo vuole confrontarsi, sulla sua vita, non sulla sua malattia.
Quali sono le “buone pratiche” che un medico dovrebbe adottare, rispetto a quanto emerso dal progetto?
Informare, assistere, ascoltare il paziente. La Medicina Narrativa non è, come dicono alcuni, equiparabile alla vecchia anamnesi, ma è un processo assistenziale, una metodologia vera e propria, un percorso che si fa con il paziente; da parte nostra è un ascolto maggiore, un tempo dedicato alla storia del vissuto, ma anche alla storia di come il paziente vive al momento la terapia e di come pensa che vivrà in futuro. Il tempo non è fisso, ma è in continuo divenire: ciò che è vero adesso, le risposte che possono emergere in questo momento, possono non essere più vere domani, perciò il paziente che ha raccontato la sua storia oggi, potrà in futuro essere di nuovo chiamato a scrivere, perché la cura non deve rispondere solo all’andamento della malattia ma anche ai cambiamenti dei progetti di vita. Nelle patologie croniche non esiste una sola storia, raccontata una volta per tutte, come una volta per tutte è la diagnosi di diabete, esistono per ogni paziente tante storie che cambiano, si trasformano, si arricchiscono nel tempo e la cura deve adattarsi a questi cambiamenti.