Morire in braccio a ChatGPT

masterNel bel libro Morire in braccio alle grazie del 2017Sandro Spinsanti ci guida nella ricerca della “cura giusta nell’ultimo tratto di strada”, scegliendo come aiutanti le tre grazie della mitologia greca. Eufrosine (“il felice equilibrio”), Aglaia (“la serenità”) e Talia (“la pienezza”).

Eufrosine ci invita ad un  “cambio di passo”, al “giusto equilibrio tra interventi curativi e cure palliative. Ciò richiede il saper cambiare marcia quando la morte è inevitabile. Dall’accanimento terapeutico possiamo aspettarci solo una morte peggiore”. Aglaia riporta al centro l’importanza dell’autodeterminazione e il diritto alle disposizioni anticipate di trattamento, così come sancito anche dalla legge del dicembre 2017. Talia è in cerca di quella cura che consenta “la morte come compimento”, come autodeterminazione finale e non come corpo in braccio al dispositivo medico-sanitario.

Purtroppo l’epidemia di covid-19 ci ha costretto a sospendere i doni delle tre grazie. Le storie di R-esistere, un progetto di raccolta delle narrazioni dei medici della terapia intensiva, curato della Società Italiana di Medicina Narrativa,  raccontano con efficacia cosa ha significato morire in terapia intensiva.“Giuseppe è morto nella stanza di isolamento. …ha vissuto gli ultimi 11 lunghi giorni completamente da solo. Lo scafandro del personale sanitario, ha diviso il suo mondo dal nostro. Nessun volto, nessuno sguardo, nessuna mano lo ha sfiorato. Un silenzio perenne interrotto, solo ogni tanto, da una maschera di plastica bianca impersonale

Ed eccoci qui, i familiari non possono né vedere né toccare il proprio caro per l’ultima volta. Non potranno mai più vederlo, nemmeno al funerale. Una volta deceduti, le salme vengono portate via ancora con i dispositivi inseriti: il tubo, il cvc, l’accesso arterioso, il catetere vescicale, la sonda rettale NON VENGONO TOLTI. Vengono seppelliti così, con la terapia intensiva addosso, e vengono avvolti in un lenzuolo intriso di alcool e messi nella bara. Non c’è dignità in questa morte

Nel percorso attuale  di cambiamento guidato dagli obiettivi e dagli strumenti del PNRR, forse non si riflette abbastanza sulla “cura giusta nell’ultimo tratto di strada”. Dopo l’irruzione violenta della morte da covid-19, c’è il rischio di una rimozione sociale intorno a questa fase del percorso di cura.  Viene da chiedersi: le grazie possono presentarsi negli spazi della salute digitale? Possono assumere la forma di un sistema di intelligenza artificiale? La digitalizzazione può aiutare nelle cure di fine vita o, al contrario, rischia di diventare un ulteriore fattore di difficoltà e problema?

Questi interrogativi solo stati al centro dell’interessante giornata dedicata alla medicina digitale dal Master universitario “Cronicità e Leniterapia: il fine della cura verso la fine della vita” , promosso dal Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze , insieme a FILEFondazione italiana di Leniterapia  e Fondazione CR Firenze.

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