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La comunicazione condiziona l’esito della terapia: una nuova ricerca dimostra la relazione anche in termini neurobiologici

treatment-4099432_1920La comunicazione condiziona l’esito della terapia: una nuova ricerca dimostra la relazione anche in termini neurobiologici

“Ne uccide più la lingua che la spada” recita un antico proverbio, che oggi trova un fondamento scientifico reale laddove si sostituisca la spada con la malattia, e la lingua con la comunicazione tra il medico e il paziente.

Una innovativa ricerca sperimentale (F.I.O.R.E. 2 – Functional Imaging of Reinforcement Effects) ha infatti osservato gli effetti cerebrali di una comunicazione negativa, attraverso indagini di visualizzazione realizzate con una risonanza magnetica funzionale. Alla sperimentazione si sono sottoposti trenta volontari sani di entrambi i sessi, di età compresa fra i 19 e i 33 anni, su cui sono stati applicati anche test di valutazione della personalità e dell’affettività.

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“Il Narratore Ferito”: il bisogno di raccontare la malattia nell’opera di Arthur W. Frank curata da Christian Delorenzo

narratore ferito

È un viaggio nelle narrazioni, quello compiuto dal sociologo canadese Arthur W. Frank nel momento in cui teme di non avere più tempo a causa di una sospetta recidiva del tumore che lo aveva colpito pochi anni prima. Il narratore ferito nasce così, come un’impellente necessità di riunire storie attorno alla malattia, dare voce al corpo e rendergli la sua dimensione essenziale, anche nel racconto.

Il saggio di Frank, uno tra i classici della medicina narrativa, crea un dialogo continuo tra moltissime storie, non senza l’obiettivo etico di una comunicazione che è capace di farsi comunione. “Le persone malate – sottolinea Frank citando Linda Garro – possono aiutare gli altri a capire quello che conta davvero”.

La malattia, dunque, per Frank non è più solo evento accidentale, negativo, da arginare. Ma soprattutto non è una condizione da censurare, qualcosa che viene vissuto esclusivamente in privato e in silenzio, come accadeva invece negli anni Novanta del secolo scorso, quando Il narratore ferito viene pubblicato in prima edizione.

La malattia, per Frank, è parte della storia, in alcuni casi addirittura “occasione”. Sicuramente, inevitabilmente, rappresenta un cambiamento. E non riguarda solo la “persona malata” (non più ridotta a semplice “paziente”), ma coinvolge e modifica anche la realtà circostante.

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Il Narratore Ferito e i dispositivi di ascolto in Medicina Narrativa

wooden-cubes-g0733eaf89_1920Ne “Il narratore ferito”, Arthur W. Frank individua tre schemi base: restituzione, caos e ricerca. Come l’autore specifica, non si tratta di categorie tassonomiche, di una rigida gerarchia interpretativa, ma piuttosto di dispositivi di ascolto, anche interagenti fra loro, per favorire una maggiore attenzione nelle varie fasi della malattia, liberando il più possibile il campo da preferenze personali e culturali che possono rappresentare un ennesimo ostacolo all’ascolto.

È una lettura unica e sorprendente, quella che Frank ci offre nel suo primo libro tradotto in italiano, nell’edizione curata dal Dott. Christian Delorenzo per la Piccola Biblioteca Einaudi. Una vera introduzione alla Medicina Narrativa anche per i non addetti ai lavori, con uno sguardo professionale ed emozionale al tempo stesso.

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