La medicina narrativa digitale: scenari, metodologie e applicazioni

Medical,Technology,On,2021,Target,Set,Goals,Achievement,New,YearLa medicina narrativa nell’era digitale

L’approccio narrativo in medicina si è sviluppato a partire dagli anni ’80 alla Harvard Medical School, con Arthur Kleinman e Byron J. Good. È stato poi sistematizzato come Narrative Medicine e Narrative Based Medicine (NBM)  da  Rita Charon, con l’avvio di un Master of Science in Narrative Medicine alla Columbia University e da Trisha Greenhalgh e Brian Hurwitz, con una serie di articoli pubblicati sul British Medical Journal.

Oggi assistiamo ad un proliferare di interesse e di esperienze di ricerca e cliniche, associati alla sfida della personalizzazione. Nel 2015 l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato le “Linee di Indirizzo per l’applicazione della medicina narrativa nella pratica clinica”, con l’obiettivo di fornire una definizione e degli strumenti condivisi.

Per ISS: «La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la costruzione condivisa di un percorso di cura personalizzato (storia di cura). La Medicina Narrativa (NBM) si integra con l’Evidence-Based Medicine (EBM) e, tenendo conto della pluralità delle prospettive, rende le decisioni clinico-assistenziali più complete, personalizzate, efficaci e appropriate.»

La Società Italiana di Medicina Narrativa (SIMEN) ha avviato da anni percorsi di formazione per facilitatori in grado di accelerare lo sviluppo delle competenze e delle metodologie narrative nelle organizzazioni sanitarie

Questa valorizzazione delle narrazioni nel percorso clinico si colloca nel quadro di un mutamento significativo dei vissuti e delle relazioni di cura, potenziato dalla rivoluzione digitale nella salute. La digital health mette a disposizione del singolo un insieme di strumenti di misurazione, direttamente sullo smartphone. In tempo reale, possiamo misurarci la glicemia, il battito cardiaco, il respiro e aggregare i dati in grafici sempre accessibili e aggiornati. Nello stesso tempo, le conversazioni online sulla malattia e le terapie consentono di condividere con altri “pazienti come me” le paure, le aspettative, gli effetti dei farmaci.

Tutto questo cambia la scena dell’atto terapeutico e le condizioni della sua efficacia. Insieme misurazioni e storie creano un’esperienza della malattia e delle terapie che nasce e si sviluppa al di fuori del contesto medico. Il rischio è una progressiva disintermediazione e delegittimazione della medicina come riferimento di saperi e metodi per la gestione della salute. La sfida è la costruzione di una medicina più personalizzata e partecipata, anche attraverso la valorizzazione delle narrazioni dei pazienti. Il digitale può offrire metodologie e tecnologie che facilitano l’integrazione della medicina narrativa nella pratica clinica. La medicina narrativa può rendere le tecnologie uno strumento efficace di relazione, più che di distanza.

Quando si parla di medicina narrativa si pensa ad una relazione medico paziente caratterizzata da maggiore vicinanza e attenzione. E spesso si tende ad associare questi aspetti ad una relazione faccia a faccia. L’interazione online mostra invece che, talvolta, la distanza fisica rende possibile una maggiore vicinanza. Sono sempre di più le start up e i device per il telemonitoraggio dei parametri clinici. Pensiamo che il digitale sia fondamentale anche per rilanciare e valorizzare l’uso delle storie nella pratica clinica, per integrare i dati quantitativi con i significati. Per essere efficace, la relazione narrativa, il racconto, l’ascolto di storie e l’interpretazione di storie, richiedono un setting adeguato. Gli ospedali, gli ambulatori (anche quelli privati), i centri diagnostici, sono tutti caratterizzati dallo stesso paradosso: sono luoghi carichi di emozioni, paure, aspettative, vita e morte e al tempo stesso sono dei “non luoghi” [7]: anonimi, spersonalizzanti, seriali. La sala d’aspetto, più o meno grande, più o meno affollata è lo spazio simbolo del non luogo. Tutto invita alla spersonalizzazione e all’inclusione seriale nell’organizzazione sanitaria. Il setting della narrazione valorizza invece l’individuo, la sua identità unica e irripetibile. La co-costruzione di un percorso di cura personalizzato e condiviso ha bisogno di un luogo.  La difficoltà dei curanti ad applicare la medicina narrativa è spesso giustificata con il problema del tempo scarso. Ma non è solo il tempo che manca, manca anche il setting. Non c’è lo spazio della narrazione nel non luogo della cura. Il digitale può offrire questo setting, può offrire uno spazio protetto “fra sé e sé” sia al paziente che al medico, uno spazio dove far parlare la persona nel paziente. Uno spazio sul proprio smartphonetablet o computer in cui non ci sono elimininacode, e sale d’attesa. Uno spazio del soggetto e non dell’oggetto delle cure. Un lavoro pioneristico in questo ambito è stato fatto su medicitalia.it da Salvo Catania con il gruppo ragazzefuoridiseno. Salvo Catania è stato tra i primi a scrivere un libro di medicina narrativa in Italia e tra i primi a intuire le potenzialità del gruppo digitale per il processo terapeutico.

Una piattaforma digitale per l’applicazione della medicina narrativa nella pratica clinica

Gli strumenti digitali per la raccolta delle storie possono essere molteplici, dalle email ai servizi online dedicati alle survey. Tutti però nascono con altre funzioni e rischiano di rendere più difficile o distorto il percorso. I social media o le community online sono fondamentali per il prendersi cura ma rischiano di essere canali inadeguati per costruire un percorso personalizzato di cura che valorizzi la narrazione e la privacy. Leggere o analizzare le storie pubblicate su Facebook può facilitare la formazione al pensiero narrativo e all’empatia del medico. Difficile però pensare che possano essere uno strumento clinico per la personalizzazione del percorso individuale. Anche WhatsApp, più che uno strumento adatto alla raccolta della storia, rappresenta uno strumento in più di comunicazione con il medico per temi rapidi e immediati e spesso rischia di peggiorare la relazione, più che migliorarla.

Nel 2016 in Italia è stata lanciata DNMLab, la prima piattaforma digitale progettata specificamente per l’applicazione della medicina narrativa nella pratica clinica

Per rispondere a questo vuoto di strumenti, nel 2016 in Italia è stata lanciata DNMLab, la prima piattaforma digitale progettata specificamente per l’applicazione della medicina narrativa nella pratica clinica. Le funzionalità sono state progettate a partire dalle Linee di indirizzo sulla medicina narrativa dell’Istituto Superiore di Sanità. È stata ideata da un team di antropologi e psicologici con la consulenza di medici ed esperti di medicina narrativa. Le funzionalità di DNMLab mirano a valorizzare al massimo le potenzialità del digitale, preservando la privacy del paziente e la riservatezza del dato sanitario.

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