Digital Narrative Medicine e PMA: l’esperienza del centro LIVET
Articolo di Francesca Memini su Società Italiana di Medicina Narrativa
La Medicina Narrativa Digitale come strumento di personalizzazione dei percorsi di fecondazione assistita: questo è l’obiettivo da cui è nato presso il centro LIVET di Torino il progetto “Il Tuo Diario Di Viaggio”.
Il progetto, realizzato grazie al contributo non condizionato di MSD, utilizza la piattaforma DNM per l’integrazione della medicina narrativa nella pratica clinica. Le coppie del centro LIVET, in cui si eseguono trattamenti sia omologhi sia eterologhi – sono state invitate a condividere con il team medico un diario digitale, a partire da alcuni stimoli narrativi. Semplici spunti che aprono alla narrazione ‐ come ad esempio “Quando ho cominciato a cercare un bambino”; “Le mie difficoltà…” ; “Cosa mi aspetto nelle prossime settimane” – mirati a favorire l’esplorazione della propria storia personale.
Si tratta di un progetto pilota lanciato nel maggio 2016 e che proseguirà almeno fino al prossimo giugno.
Abbiamo chiesto un primo bilancio ad alcuni degli attori coinvolti: Alessandra Razzano , psicologa e promotrice del progetto, Luisa Delle Piane , ginecologa, e Francesca Bongioanni , ginecologa e Direttore Sanitario del centro LIVET.
Perché il Centro LIVET ha scelto di introdurre la medicina narrativa nel percorso di PMA?
AR Il centro LIVET è molto attento al tema della personalizzazione della cura. Nell’ambito della PMA e in particolare della fecondazione eterologa che prevede percorsi standardizzati, protocolli rigidi, burocrazia (basti pensare a tutte le pratiche relative al consenso), il centro ha sempre voluto mantenere la persona al centro. I medici e il personale seguono specifiche attività formative per migliorare la relazione medico‐paziente, e usufruiscono di specifici spazi di supervisione. La Medicina Narrativa è uno strumento che si colloca esattamente in questa direzione: quella della personalizzazione della terapia e della cura della relazione medico‐paziente
Quale rapporto tra Medicina Narrativa e Procreazione Medicalmente Assistita?
AR Il percorso di PMA segue un iter in cui gli esami diagnostici e le terapie (spesso anche invasive) si intrecciano con vissuti di inadeguatezza e desideri frustrati. È un percorso lungo e doloroso, in cui il rischio è quello di perdere di vista il senso. Ripercorrerlo, guardarsi indietro attraverso la narrazione serve per capire “dove sono adesso” e “dove sto andando”. Serve a riportare in primo piano la consapevolezza del proprio progetto di vita.
Si tratta anche di un percorso fortemente medicalizzato: si comincia a vivere in una dimensione “altra”, distinta da quella della vita quotidiana. Il fatto stesso di accedere alla PMA spesso è tenuto segreto, non è condiviso con le persone vicine, con la famiglia e gli amici. È importante per il proprio benessere integrare questo percorso medicale all’interno della propria storia di vita, per mantenere una continuità tra il passato e il futuro.
LDP Dalla mia esperienza di medico, posso aggiungere che i pazienti della PMA sono pazienti molto richiedenti, che assorbono moltissime energie. Il tipo di paziente che ti chiama a tarda serata per commentare gli esiti di un esame. È molto importante per le coppie che ci sia una grande chiarezza su tutti i dettagli anche tecnici. La relazione medico‐paziente necessita di uno strumento in più, come può essere la Medicina Narrativa, sia per rispondere alle esigenze del paziente sia per supportare noi medici, che ci troviamo a gestire la responsabilità di cui le coppie ci investono: quella di veder realizzato il loro desiderio.
LDP Dalla mia esperienza di medico, posso aggiungere che i pazienti della PMA sono pazienti molto richiedenti, che assorbono moltissime energie. Il tipo di paziente che ti chiama a tarda serata per commentare gli esiti di un esame. È molto importante per le coppie che ci sia una grande chiarezza su tutti i dettagli anche tecnici. La relazione medico‐paziente necessita di uno strumento in più, come può essere la Medicina Narrativa, sia per rispondere alle esigenze del paziente sia per supportare noi medici, che ci troviamo a gestire la responsabilità di cui le coppie ci investono: quella di veder realizzato il loro desiderio.
Qual è stata la risposta delle coppie in questi mesi?
AR Il numero dei partecipanti per ora è ancora minimo. Abbiamo proposto il diario prevalentemente a coppie in eterologa, ma da settembre abbiamo iniziato a coinvolgere anche le coppie dell’omologa.
FB L’adesione è stata in media di una coppia su dieci. Le coppie che hanno aderito al progetto sono state proprio quelle che poi hanno deciso di non procedere con il trattamento di fecondazione eterologa. È possibile che abbiano aderito al progetto le coppie che più si sentivano titubanti rispetto a questa scelta e che il diario abbia aiutato queste coppie a sciogliere i dubbi, a chiarire i propri desideri profondi o a far emergere un disagio da affrontare prima di intraprendere il percorso dell’eterologa. In questo senso la Medicina Narrativa potrebbe aver avuto una funzione terapeutica importante per la coppia.
AR Chi ha scritto aveva già iniziato a interrogarsi ed era aperto anche all’opzione dell’adozione, come emerge anche dai loro racconti. Lo strumento della medicina narrativa digitale è stato “colto al volo” e sfruttato proprio per approfondire questi temi e prendere una decisione che probabilmente era già nell’aria.
Qual è stata l’utilità di questa prima fase del progetto?
AR Rileggere le storie scritte delle pazienti mi è stato d’aiuto come psicologa, perché mi ha permesso di rilevare alcuni dettagli, anche linguistici, che nei colloqui a volte rischiano di sfuggire. Inoltre il tempo che ho dedicato alla lettura è stato un ulteriore momento di riflessione, un prolungamento della relazione in cui era la paziente ad insegnare qualcosa a me.
Per quanto riguarda gli operatori posso dire che la lettura delle storie da parte del team ha suscitato grande interesse ed è stata occasione per attivare quel percorso di riflessione su di sé e tornare a vedere il paziente non solo come paziente ma come persona a 360°. Nella PMA a volte il medico rischia di comportarsi solo come un tecnico e la relazione viene ridotta al minimo.
Con un numero di storie maggiore potrebbero emergere informazioni interessanti in particolare sui vissuti e i significati attribuiti alla fecondazione eterologa: la fatica di accogliere questo dono, la difficoltà di includere nella coppia non solo un terzo soggetto (il medico) ma addirittura un quarto (il donatore), il tema del segreto, la vergogna, ecc. Tutti temi di cui i medici potrebbero fare tesoro per supportare le coppie nella relazione di cura.
LDP Per noi medici è stata l’occasione per aprire uno spiraglio sulla parte intima e misconosciuta dei vissuti di dolore delle coppie. Uno spiraglio che ci predispone a un atteggiamento di maggiore accoglienza. E’ difficile ancora fare delle valutazioni, ma in un senso più ampio e generale, questo progetto ha sicuramente avuto degli effetti benefici sul nostro modo di praticare la professione medica.
Che cosa vi ha colpito nei racconti che avete letto?
FB Ho letto alcune immagini di sofferenza molto intense, che non avrei potuto immaginare in alcuni casi
LDP Le risposte colpiscono sempre, non possono lasciare indifferenti. Ricordo la prima narrazione che abbiamo ricevuto, una testimonianza molto lunga e strutturata: era di una lucidità e di una chiarezza incredibili. Più spesso si tratta di risposte lapidarie, uno squarcio, come un lampo, che illumina un vissuto di dolore profondo: frasi come “il problema sono io” oppure “da quando ho deciso di intraprendere questo percorso, non smetto mai di pensarci”.
Quali sono state le difficoltà o i vantaggi di utilizzare il digitale?
AR Non credo che il digitale sia qualcosa che divide, non necessariamente. Attraverso il diario digitale medico e paziente a distanza restano uniti. Uniti in uno spazio di silenzio e di riflessione. Mentre nello studio medico lo schermo diventa qualcosa che separa, in questo caso è uno strumento che unisce e mantiene il legame.
LDP Non credo che il digitale sia un problema perché ormai il livello di digitalizzazione è piuttosto alto e trasversale. Più o meno tutti abbiamo un indirizzo email e spesso anche Facebook. Non ho proposto la piattaforma a quei pazienti che dichiaravano di non avere un’email, mi sembrava un indizio di un basso livello di alfabetizzazione digitale o di disinteresse per questa modalità di comunicazione. Ma si è trattato di una percentuale di persone davvero irrisoria