Storytelling, caring narratives e medicina narrativa: perché le storie non sono tutte uguali
Dal 10 ottobre al 9 novembre l’hashtag #medicinanarrativa è presente su twitter 146 volte e il corrispondente inglese #narrativemedicine 210 volte. In Italia, la medicina narrativa ha sempre più centralità nei social network e nel discorso mediatico ed è usata per identificare un’ampia gamma di pratiche, che spesso hanno in comune il solo fatto di essere centrate su storie di malattia.
Articolo di Cristina Cenci su Nòva
Premi letterari, indagini narrative sui bisogni e i vissuti dei pazienti, analisi delle conversazioni online, pratica clinica, tutto viene chiamato medicina narrativa. Si va dalla medicina narrativa nella riabilitazione oncologica, alla scrittura come terapia, che sia in un blog, un ebook o un libro tradizionale.
Il digitale ha generato un grande ampliamento della produzione e della visibilità delle storie di malattia e di cura. Ma tutte le pratiche narrative nella salute possono essere considerate medicina narrativa?
Le storie sono tutte importanti ma raggiungono obiettivi molto diversi a seconda degli attori e del setting. Pensiamo che l’attuale centralità narrativa possa contribuire a migliorare i percorsi di salute, a patto di definirne meglio gli ambiti e gli scopi.
Per cominciare a fare chiarezza, possiamo ripartire dalla definizione di medicina narrativa fornita dalle Linee di indirizzo dell’Istituto Superiore di Sanità. “Con il termine di Medicina Narrativa (mutuato dall’inglese Narrative Medicine) si intende una metodologia d’intervento clinico-assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa. La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la costruzione condivisa di un percorso di cura personalizzato (storia di cura). La Medicina Narrativa (NBM) si integra con l’Evidence-Based Medicine (EBM) e, tenendo conto della pluralità delle prospettive, rende le decisioni clinico-assistenziali più complete, personalizzate, efficaci e appropriate“.
La definizione è molto chiara. Colloca la medicina narrativa nel contesto del percorso di cura e delle decisioni clinico-assistenziali. Altri tre elementi chiave caratterizzano la medicina narrativa secondo l’ISS: la co-costruzione, la personalizzazione, l’integrazione con l’EBM. Le altre pratiche narrative possono essere misurate a partire da questi aspetti caratterizzanti.
Un premio letterario organizzato da un’associazione dei pazienti, una società scientifica, o un centro ospedaliero è medicina narrativa? La call to action a raccontarsi e la pubblicazione di un libro, un sito, dei video, con le storie di pazienti e operatori è medicina narrativa? La risposta non è assoluta, ma relativa all’uso e agli obiettivi che guidano la raccolta delle storie. Le storie vengono utilizzate per personalizzare il percorso diagnostico, terapeutico o riabilitativo del paziente? Servono a disegnare il PDTA per una patologia specifica? Vengono usate per individuare le metafore migliori per la costruzione della storia di cura con il paziente? Sì, allora sono medicina narrativa. Se invece l’obiettivo è far conoscere la patologia, raccontare il vissuto e i bisogni, offrire strumenti espressivi, proponiamo di utilizzare l’etichetta storytelling. continua a leggere