Il racconto della malattia mentale corre su Instagram
La fotografa Melissa Spitz racconta la malattia mentale di sua madre attraverso Instagram, un esempio di Medicina Narrativa che fa uso del potere delle immagini e dei social media.
Condividiamo un articolo scritto da Francesca Memini e pubblicato su Your Brand Camp che analizza l’impatto di Instagram, un social media inusuale in campo medico, nella narrazione della malattia mentale.
Le immagini sono insieme realistiche e teatrali, crude e speranzose, nell’alternarsi della malattia e delle risposte emotive della figlia.
Che cosa succede?
Il progetto su Instagram costruisce una relazione nuova, più intima, tra madre e figlia: è la madre ora a chiedere di essere fotografata. Il progetto è diventato una conversazione, una co-costruzione narrativa tra madre e figlia, tracaregiver e persona malata, rompendo l’isolamento e colmando una distanza.
Melissa è consapevole del dilemma etico e delle tante domande che apre questo progetto: l’esposizione diventa esibizionismo? Quale impatto può avere su una madre malata che cerca di essere al centro dell’attenzione? Perché raccontare su Instagram? Perché non lasciare al progetto una dimensione privata? La risposta di Melissa, se pure aperta e titubante, è: per venire allo scoperto, per lasciare un testimonianza della complessità della malattia mentale, che continua a rimanere una storia nascosta.
Quando parliamo di Medicina Narrativa come terapia e risorsa siamo soliti pensare che si parli di scrittura, magari vergata con un pennino su un foglio di carta pregiata. O al massimo di racconto orale. Parole. Eppure da secoli l’arte ha esplorato le possibilità narrative delle immagini, si tratta soltanto di un diverso tipo di testo.
I social network come Instagram sono un’altra tipologia di testo, con uno specifico linguaggio in cui la componente visiva svolge un’importante ruolo, e possono essere utilizzati con creatività per raccontare storie di malattia: per condividere l’esperienza, testimoniare e per sentirsi meglio.
La marcia in più di Instagram è la possibilità di avere allo stesso tempo una dimensione diacronica e sincronica. Ripercorrendo all’indietro le foto di Melissa è possibile individuare un percorso. Allo stesso tempo ogni foto vive in un eterno presente all’interno del quale è possibile raccontare anche il caos vissuto, quel miscuglio emotivo e fisico, tipico dell’esperienza di malattia, grezzo, informe e non elaborato, che non riesce ancora ad esprimersi con le parole. continua a leggere