Tumore al polmone: la speranza parte dall’ascolto

Unknown-3-2-e1758638646390Cura, prevenzione, ma anche equità, qualità della vita, ascolto, digitalizzazione, coraggio e soprattutto speranza. Le parole possono fare la differenza, soprattutto se arrivano da un dialogo ‘senza filtri’ con i pazienti e gli oncologi. È la scommessa messa nero su bianco dal libro ‘L’Innovazione che cura. Storie di pazienti con Carcinoma Polmonare’, che descrive i risultati di un’indagine narrativa sul vissuto di persone con diagnosi di tumore al polmone non a piccole cellule (NSCLC) e mutazione del gene Egfr.

L’indagine narrativa – promossa con il contributo non condizionante di Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia e Digital Narrative Medicine, in collaborazione con le Associazioni di Pazienti WALCE, Women Against Lung Cancer in Europe, e IPOP, Insieme per i Pazienti di Oncologia Polmonare – è la prima dedicata a persone che stanno affrontando questo tumore che ha diverse peculiarità, come hanno spiegato in un incontro ospitato alla Camera dall’Intergruppo Parlamentare One Health. 

Se i progressi della medicina hanno permesso di aumentare l’aspettativa di vita dei pazienti con carcinoma polmonare portatori della mutazione, occorre promuovere un cambio di paradigma verso un nuovo modello, centrato sulla persona e sulla relazione di cura.

Perché, come hanno spiegato oncologi, pazienti e associazioni, l’innovazione farmacologica deve essere accompagnata da una vera rivoluzione nella modalità di ascolto e presa in carico della persona che si trova a vivere l’esperienza di malattia.

Un tumore molto particolare

“I pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule con mutazione di Egfr rappresentano all’incirca il 14% della nostra popolazione. La  maggior parte di questi pazienti non ha avuto un’esposizione al fumo – sottolinea a Fortune Italia Silvia Novello, oncologa e presidente Associazione Walce – Women Against Lung Cancer in Europe – Parliamo di una popolazione leggermente più giovane rispetto ai pazienti affetti da tumore al polmone, composta per lo più da donne. Non avendo una stretta correlazione col fumo, queste persone non hanno troppe comorbidità. Cosa significa? Che nel momento in cui si ammalano sono in molti casi ancora perfettamente inserite in un contesto sociale e familiare, per cui l’approccio di cura da un punto di vista di efficacia e di qualità di vita diventa ancora più importante”.

Quali sono le priorità? “Abbiamo imparato ad alzare l’asticella: le aspettative di vita media sono molto migliorate. Questo significa però che dobbiamo offrire più opzioni di cura, anche in sequenza, durante il decorso di malattia”, risponde Novello.

Associazione dei pazienti protagoniste

“L’iniziativa di oggi è molto importante – ha sottolineato Luciano Ciocchetti, vicepresidente della XII Commissione Affari Sociali della Camera e promotore dell’Intergruppo One Health – e si inserisce nel programma che porta avanti l’Intergruppo. Per questo tumore polmonare che non deriva da fumo un tema chiave è quello dell’utilizzo dei test genetici, che devono essere accessibili su tutto il territorio nazionale, in tutte le Regioni. I test genetici ormai fanno parte delle nostre opportunità per poter curare meglio le persone.
Inoltre occorre potenziare la prevenzione, un aspetto fondamentale per la sostenibilità del nostro Sistema sanitario nazionale e per migliorare la qualità della risposta di cura”.

Continua a leggere