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Una donna tra due vite. Storia di un trapianto Laura ‘nata’ una seconda volta a 50 anni

Un blog, un documentario e ora un libro. La medicina narrativa per superare la paura nell’attesa di ‘un fegato nuovo’ che potrebbe non arrivare. Il racconto di un’esperienza difficile e del percorso verso  un nuovo inizio

 

LAURA ha due date di nascita, due compleanni. La prima è il 6 giungo 1958 ed è quella registrata sulla sua carta d’identità, ma è nata per una seconda volta a 50 anni: il 22 aprile 2009, il giorno in cui ha ricevuto il trapianto di fegato. Un evento che segna il confine tra un prima e un dopo, una prova che Laura Mazzeri racconta nel libro:  Tra due vite- L’attesa, il trapianto, il ritorno, edito da Giunti. Due sono anche le malattie che l’hanno colpita: la prima l’ha portata all’asportazione del colon e la seconda ha colpito le vie biliari, lasciando come unica soluzione quella di chiedere un fegato nuovo. “Ho atteso il trapianto otto mesi infiniti. Ho vissuto l’attesa con speranza e fiducia, ma anche con terribili paure  –  racconta Laura Mazzeri – . Mi sono concentrata sul presente pensando a come renderlo vivo e stimolante nonostante la malattia. Nei momenti peggiori pensavo a tutte le belle cose che avrei potuto fare “dopo”. Poi il dono è arrivato…”.

La medicina narrativa. Milanese, insegnante, con due figli ha affrontato per mesi l’incertezza di non ricevere quell’organo. La scrittura è stato un alleato prezioso. La medicina narrativa come ‘compagno’ dei giorni più difficili. Un modo per accompagnare le sue ansie quotidiane. Prima di raccontare la sua storia in un libro, nei giorni che hanno preceduto il trapianto, ha scelto di aprire un blog. L’occasione anche per ricordare quanto sia importante donare e aiutare quei tanti, troppi pazienti che aspettano invano e che muoiono in lista d’attesa.

Il problema delle liste di attesa. Ogni anno in Italia ci sono circa 9.000 persone che aspettano un organo, ma solo 3.000 riescono ad ottenerlo. E proprio su internet Laura si è data da fare per parlare di questo problema. “Scrivere per me è stata una risorsa fondamentale. È una mia passione da sempre, insieme alla lettura e al canto. Il blog è stato un modo per non sentirmi sola nella malattia. Intorno al blog si è creata una piccola comunità non solo virtuale. In tanti mi hanno aiutata concretamente per realizzarlo e molti hanno partecipato scrivendo. Si è creata una scrittura pubblica e condivisa. Parallelamente scrivevo riflessioni private sulla mia condizione, distribuite in pagine sparse che sono poi diventate il punto di partenza del libro”.

Il cortometraggio. Per tenere lontana la paura, Laura ha anche partecipato alla realizzazione di un documentario:  “Agamà, la vita cambia”, realizzato dal regista Johnny Dell’Orto, dove ripercorre i giorni dell’attesa, prima dell’operazione.   “Il cortometraggio  –  spiega  –  è stato un modo per trasformare quell’esperienza di dolore e di paura che è l’attesa del trapianto, in una occasione di amicizia, di allegria, di condivisione della speranza” Nei giorni in cui Laura ha atteso la telefonata che avrebbe annunciato il trapianto, Laura viveva nell’incertezza assoluta di ricevere quella chiamata. “Ho attraversato momenti in cui mi sono sentita sfinita e senza forza. Momenti in cui ho pianto”.

La telefonata. Poi a 50, all’improvviso, è arrivata la telefonata: l’organo era disponibile. Sulla soglia della sala operatoria, scopre che il donatore è un ragazzo. Una vita che non c’è più con la quale oggi si confronta quotidianamente. “Impossibile spiegare in poche parole lo straordinario e delicato rapporto interiore che ogni trapiantato ha con il proprio donatore  –  racconta ancora – . Non ne conosciamo l’identità ma sappiamo che il consenso alla donazione espresso da loro in vita oppure dai familiari dopo la loro morte, costituisce il legame con la nostra nuova vita. Mi sento riconoscente ma soprattutto investita da una grande responsabilità: rendere intensa e autentica la mia vita, non sprecarne neppure un attimo con pensieri futili o inconsistenti. Il mio pensiero ogni giorno si rivolge al dono che ho ricevuto con un pensiero, un semplice gesto che cambia prospettiva anche alle giornate più difficili. Essere riconoscenti alla vita è una cosa che dovremmo fare tutti, ogni giorno”.

 

Articolo di Valeria Pini su La Repubblica